Molte volte si sente parlare di fame nervosa. Si tratta di un problema che conoscono molto bene le persone che non riescono a smettere di mangiare o che, se smettono, dopo poco sono costrette a ricominciare. Molte volte si sente parlare di fame nervosa. Si tratta di un problema che conoscono molto bene le persone che non riescono a smettere di mangiare o che, se smettono, dopo poco sono costrette a ricominciare. Non si tratta di una patologia e neppure di grandi quantitativi di cibo, ma tant’è che a molti capita di smangiucchiare in continuazione e a poco a poco possono arrivare all’esagerazione, con tutti i guai che ne derivano. Si sa che ciò che si mangia in questo modo è inutile, che non può rispondere a una reale necessità fisiologica, ma ciò nonostante si manifesta con una sorta di impulso a cui non si può resistere. Dopo, quando si è placata questa cosiddetta fame nervosa, ci sono i sensi di colpa che intristiscono e avviliscono chi non l’ha contrastata. I motivi per cui si agisce in questo modo sono tanti e talvolta c’è la concomitanza di un sacco di fattori. Si può trattare di pura e semplice gola, oppure di un problema psicologico o di un’abitudine comportamentale, ma quello di cui voglio parlare è l’aspetto prettamente alimentare e metabolico. Esiste una dipendenza dal cibo? Ci può essere una necessità imposta da ciò che mangiamo? Possono avere importanza le nostre scelte? Per certi versi sì e vediamo come. La giornata alimentare tipo di alcune persone è costituita da una colazione con latte o caffè e fette biscottate con o senza marmellata oppure biscotti o cereali da colazione o brioche; segue un pranzo con un primo piatto di pasta o di riso (in alternativa panino o pizza); dei cracker o succo di frutta a merenda, quando si fa; negli intervalli ci possono stare dei caffè. A cena un po’ di tutto. Queste persone sono candidate a essere affamate durante la giornata perché la loro alimentazione è costituita prevalentemente, se non totalmente, da carboidrati che “alimentano” la fame. Sembra incredibile, eppure questi carboidrati sono dei forti induttori di secrezione insulinica, per cui, anche se accompagnati da qualche altro alimento, generano loro stessi fame per la caduta glicemica che inducono. Quando l’organismo ha pochi zuccheri nel sangue, cioè è in ipoglicemia, sente la necessità di mangiare o di “tirarsi su”, magari con un caffè che, oltre allo zucchero o al dolcificante, ha la caffeina, i cui cataboliti innalzano la glicemia. Purtroppo però, dopo poco, ci si ritrova nuovamente nella stessa condizione di prima e si percepisce il tipico disagio da ipoglicemia che necessita di essere risolto al più presto perché al cervello non arrivano i rifornimenti adeguati di zuccheri. Quindi, su suo ordine, si ricomincia a mangiare e proprio quei carboidrati che velocemente rialzano gli zuccheri nel sangue, ma che poi fanno ricadere nuovamente la glicemia. E via, si ricomincia da capo. Più che di fame nervosa, quindi, si tratta a parer mio di pura e semplice fame metabolica indotta dai cibi che si sono mangiati durante la giornata.
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